venerdì 3 maggio 2019

1 Corinzi 15,1-8 e Giovanni 14,6-14
Festa dei Santi Apostoli Filippo e Giacomo
Chiedete nel mio nome ...

Mai nei vangeli, Gesù si è espresso così esplicitamente, circa il riferimento a lui per "chiedere" ... Nella nostra mentalità la richiesta supplisce a una sorta di insufficienza rispetto alla quale si ricerca chi è nella condizione di poterla supportare; chi può determinare le condizioni della sua soddisfazione. Si chiede per ottenere ...
Ma il "chiedete nel mio nome", da parte di Gesù, apre a considerazioni ben diverse dalle nostre spicciole richieste spesso legate alle fatiche della vita. Per capire questo chiedere, occorre fissare che cosa è stato chiesto a Gesù. Una prima richiesta è di Tommaso: "Signore non sappiamo dove te ne vai, come possiamo conoscere la via?"; e la seconda richiesta è di Filippo: "Signore, mostraci il Padre e ci basta".
Cosa esprime questo "chiedere"? A mio avviso tradiscono il senso profondo delle nostre domande di senso: Chi siamo? Perché esistiamo? Dove andiamo?
Chiedere nel suo nome, è chiedere prima di tutto a Lui, porsi in una relazione esclusiva con il maestro, con Gesù. Perché solo lui, è la risposta alla domanda di senso che noi stessi siamo e manifestiamo. La risposta alla domanda di senso è "Filippo, chi ha visto me, ha visto il Padre". Ecco che il cammino della vita del discepolo, rappresenta lo spazio di senso in cui l'opera (agire/volontà) del Padre, ci conduce passo dopo passo alla casa del Padre. Questo non è un senso funebre dell'esistenza, ma la rivelazione del destino di eternità, e del collocare la nostra stessa vita in Cristo in quella relazione figliale che il maestro ha con il Padre. Per Gesù tutto è "vado al Padre", anche per noi tutto deve diventare "andiamo al Padre". Se non fossimo così intrisi di secolarismo, non avremo alcun timore!

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