lunedì 13 maggio 2019

Atti 11,1-18 e Giovanni 10,1-10
(B.V. Di Fatima)
Pecore e ... pecoroni

Connettersi col pensiero del Signore, con le immagini della sua parola, risulta per i discepoli di una non facile e superabile difficoltà. "Essi non capivano di che cosa parlava loro ..." Non capivano perché parlava di loro stessi, parlava a loro del suo desiderio di comunione, del suo modo di sentire e vivere quella amicizia anche umanamente sperimentata, frutto non di subalternità maestro e discepolo ma generata nel dono della vita. Il fulcro della relazione maestro discepolo è lo stesso che esiste tra Pastore e pecore: "io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza".
La nostra amicizia con Gesù non è frutto degli insegnamenti della "dottrina cristiana", non si impone come nozione di religione, ma si apprende per esperienza, per esperienza di amore. In questi dieci versetti di Vangelo, oggi, Gesù ripete per due volte la tipica formulazione semitica "amen, amen, dico a voi" (in verità in verità vi dico) mettendo quindi l'accento attraverso una immagine su due esperienze necessarie:
- il riconoscimento - "... egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, (...), e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce." -; la nostra relazione con Gesù inizia attraverso l'ascolto, vero e profondo ... non distratto, non interessato e conveniente.
- il dimorare - "... se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo." -; alle pecore, non ai pecoroni, a coloro che ascoltano la sua voce, Gesù offre una dimora dove fare esperienza della vita eterna, se stesso. Dimorare in Cristo, è una esperienza esistenziale. A quel "Signore dove dimori", Gesù sempre risponde "vinte e vedete"; quando il nostro desiderio del Signore si esplicita come conseguenza dell'ascolto cioè dell'amore di Lui, Gesù ci introduce nel dimorare in lui, entrare in Lui, pascolare di lui.

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