mercoledì 1 maggio 2019

Genesi 1,26-2,3 e Matteo 13,54-58
San Giuseppe lavoratore (memoria facoltativa)
Rendi salda, Signore, l’opera delle nostre mani.

Appena Gesù arriva a Nazareth, i suoi compaesani, esprimono immediatamente un giudizio su di lui a partire da ciò che aveva fatto: "insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi?"
L'agire di Gesù, provocava meraviglia e stupore, oltre che per lo "straordinario" per il rimando di senso e significato. L'evangelista Matteo riveste il clamore popolare dandovi voce come richiesta di senso. D'altronde le domande della gente tradiscono la provocazione che Gesù rappresenta:
- Chi è il padre di Gesù?
- Perché compie segni e miracoli?
- In che modo c'entra Maria in un mistero così grande?
- Quale relazione con tutti noi?
Gesù nel suo agire, nel suo operare mostra oltre alla potenza che è in lui, oltre al compiere una buona azione, mostra, rivela e condivide la propria identità. Nel suo agire cerca e crea comunione. la comunione diviene fonte di relazione e di appartenenza. Quando la la gente, e ciascuno di noi, si misura con Lui principalmente col giudicare entra nell'esperienza della "durezza" che è causa di opacità e di limite rispetto alla possibilità dell'agire di Dio attraverso di noi. 
Ogni agire, pure il nostro è spazio in cui si incorre nel giudizio. Il giudizio può essere un arma di distruzione, come accade a Nazareth; esso è un modo di sopprimere il senso profetico, che risiede nell'agire umano: l'agire dell'uomo può essere profezia dell'opera del creatore. Ecco perché nel ritornello del Salmo, oggi diciamo: "Rendi salda, Signore, l’opera delle nostre mani".

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