sabato 11 maggio 2019

Atti 9,31-42 e Giovanni 6,60-69
La durezza del cuore e la bontà del pane

Già a Natanaele - nel primo capitolo - Gesù aveva detto: "in verità in verità (amen, amen) vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'uomo."
Colui che il Padre ha inviato, ha aperto i cieli, e dai cieli discende ... "Il pane della vita!"
La fede in Gesù - lo ridiciamo ancora - non è una espressione di affiliazione a una idea bellissima e convincente; la fede è partecipazione al mistero di comunione che si rivela nella realtà creata e mostra, anche nella vita dell'uomo, l'amore di Dio padre che è vita eterna, vita che viene dal cielo...
Già all'inizio, i discepoli non si limitarono a ripetere gesti e parole, ma a rendersi partecipi dei gesti e delle parole di Gesù. Solo in questa appartenenza poterono sperimentare che è lo "È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita". 
Ciò che scandalizzò molti discepoli non è il segno del pane come evocazione dell'ultima cena, ma il contenuto che quel segno rappresenta: il segno è infatti sacramento di Gesù,  efficacia della sua presenza. Presenza che non significa magia o amuleto, ma significa manifestazione nella fragilità del segno della presenza di Dio Padre che nel suo Figlio opera l'amore e la vita eterna per ogni uomo, e per chi crede questo è gioia piena.
Di fronte alla possibilità dello "scandalo", ringraziamo Dio che per mezzo dello Spirito continua a condurci nel suo cuore di Padre e ci mette sulle labbra quelle bellissime parole di Pietro, che sono testimonianza di amore e fedeltà: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio".

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