sabato 4 maggio 2019

Atti 6,1-7 e Giovanni 6,16-21
Sono io, non abbiate paura!

Il capitolo sesto di Giovanni, dopo il segno della moltiplicazione dei pani e dei pesci, e prima del lungo discorso sul pane della vita, colloca il racconto - tradizione comune a tutti i sinottici - di Gesù che cammina sul lago. Il capitolo sesto di Giovanni è ritenuto, unanimemente, una aggiunta redazionale, e quindi rappresenta la sintesi di fatti originari, parole del Signore e riflessioni comunitarie successive, quelle che chiamiamo post-pasquali. Questo per farci cogliere il Vangelo di oggi, non come qualcosa di strano, ma come il modo di percepire attraverso la fede la presenza del risorto. "Sono io, non abbiate paura!" Possono infatti adattassi anche alla manifestazione del risorto agli apostoli dopo la passione e morte. Ecco perché dico che questo brano è stato riletto in chiave pasquale, quasi ad anticipare il segno della risurrezione, presenza reale come il segno stesso del pane. Il risorto non è un fantasma di cui avere paura, non è un morto che cammina, ma è il vivente, è colui che vi accompagna nell'attraversare con fatica la realtà quotidiana. Ma è proprio con Gesù che raggiungiamo la destinazione a cui siamo diretti. Gesù risorto ci conduce alla meta.
Questo racconto, non è quindi solo il segno della potenza sovrannaturale del Signore; ovvero un miracolo ... La comunità di Giovanni percepisce Gesù come il Signore che non cessa di accompagnare e condurre chi crede in lui. È questa infatti la condizione originaria della comunità dei discepoli, un insieme di persone con origine e tradizioni religiose diverse (ebrei, greci, ecc...) che credono in Gesù come il risorto, come colui la cui vita nuova propone una meta nuova al destino umano: la risurrezione ci conduce al Padre. Ecco la sana nostalgia dell'eternità che custodiamo in noi.

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