martedì 28 maggio 2019

Atti 16,22-34 e Giovanni 16,5-11
È bene per voi che io me ne vada ...

Brutta espressione, perché per noi ha solo il sapore difficile della separazione. Per Gesù invece rappresenta quel tornare al Padre che forse possiamo tradurre nei termini dell'abbraccio di chi ritorna dopo tempo alla casa del Padre. Gesù desidera questo abbraccio; Gesù per tutta la sua vita nel tempo ha contemplato il Padre mediante la sua umanità ... ora c'è lo rivela (fa vedere) nella sua divinità; Gesù vuole tornare da colui che lo ha mandato, perché questo ritorno si traduce in un dono ulteriore, si traduce nel "mandare lo Spirito". Ecco che andare al Padre non è sottrarsi e separarsi da noi, ma è un venire a noi nello Spirito.
Non credo sia stato facile per i discepoli accettare questa condizione nella loro relazione con il maestro. Non è forse per questo che Giovanni ci riporta, quasi con tenerezza le parole del Signore: "Ma io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; se invece me ne vado, lo manderò a voi." Sono parole di dolcezza, sono espressioni di tenerezza, sono la sua consolazione per tutta la nostra tristezza, per tutta la nostra paura, per ogni nostro domandare ...
Lo stesso Giovanni rilegge e medita queste parole per poterle giustificare a sé stesso e ne trova un senso profondissimo quando quelle parole sono "pronunciate" dalla croce; nel momento in cui Gesù muore in croce ed è innalzato, Gesù - glorioso e nella pienezza, risorto -, "emise lo Spirito": ci dona, manda lo Spirito.
Ora la relazione che vivono i discepoli si trasforma da reale a Spirituale. Non conoscono più Gesù nella carne, ma lo conoscono glorioso e risorto, lo conoscono nello Spirito che è dato. Ed è quindi lo spirito del risorto che dona la coscienza del peccato; ci apre alla conoscenza della verità che è da Dio; ci accompagna nel compimento del tempo che è pienezza di giudizio e salvezza.

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