giovedì 30 maggio 2019

Atti 18,1-18 e Giovanni 16,16-20
Che cos’è questo “un poco”, di cui parla?

Dice Silvano Fausti: "Siamo chiamati a vivere nella storia il passaggio pasquale dalla croce ala gloria, dall'afflizione alla gioia. Le nostre tribolazioni, come quelle di Gesù, sono le doglie del parto per la nascita dell'uomo nuovo".
Ed è proprio la novità della vita che deriva dall'essere parte di Cristo; che muove la gioia; che smuove la tristezza, che incammina nella quotidiana perseveranza; che introduce nella comprensione della volontà di Dio attraverso le vicende a volte intricate delle nostre piccole storie personali.
C'è un mistero che in Gesù si compie, ma anche in noi - la sua morte e risurrezione -, mistero di gloria e di amore. Questo rappresenta il centro di irradiamento dell'universo, ma non solo. La morte e risurrezione del Signore è il "cuore" dell'eternità, è spazio della divinità eccelsa e al tempo stesso della vita e dell'esistenza. Questo mistero è nascosto e velato nelle pieghe della vicenda umana, e della storia personale di ciascun uomo. Ciascuno di noi non può che accostarsi a questo mistero, sentirne la presenza e vicinanza se non in quel poco di tempo e di vita che gli appartiene. La fugacità della nostra esperienza disorienta e ci provoca inquietudine; ma il mistero non viene meno e non si sottrae alla nostra esperienza. Questo mistero, quando ci sei dentro, tutto oscura; è il grande silenzio di Dio, comune indistintamente a tutti gli uomini, ma è il mistero di un Dio che si rivela nel proprio silenzio, nella propria "assenza": "un poco"che per chi lo vive dura un'eternità. Gesù paragona questo "un poco" alle doglie di un parto ... dal quale nasce l'uomo nuovo ... e la gioia, quella vera. Gesù garantisce di essere fedele sempre anche nel "un poco" di noi stessi.

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