sabato 18 maggio 2019

Atti 13,44-52 e Giovanni 14,7-14
Il sapore dei fallimenti, la gioia e lo Spirito Santo ...

Quando la preoccupazione per ciò che accade prende il sopravvento si dissolve la gioia e la certezza che lo Spirito agisce sempre ... e soffia dove vuole ...
Gli Atti degli apostoli difronte al fallimento della predicazione ad Antiochia (i giudei non si sono convertiti) annotano - dopo l'immagine dello scuotere la polvere - che i discepoli erano comunque pieni di gioia e di Spirito Santo. Qualcuno mi spiegherà di cosa c'era da gioire, se Paolo aveva fallito il suo proposito principale?
Di quale gioia si tratta? Se confronto il ministero degli apostoli alla predicazione di Gesù, non trovo troppe differenze; certamente il "fallimento" rispetto a un progetto atteso è una costante. Anche noi ci aspettavamo che Gesù realizzasse gloriosamente il regno del Padre, invece il regno del Padre progressivamente ci sfugge e sembra dissolversi nel rifiuto dei giudei di accogliere Gesù e di conseguenza nel naufragio che è la sua passione e morte. Ma secondo le "Parole" del Signore, è proprio in quel fallimento - per gli uomini - che si rivela, che si vede come il Padre non è altro o distante da Gesù.
Il Padre abita lo spazio del fallimento per compiere le sue opere, e l'opera più grande sarà proprio la risurrezione del figlio. Il fallimento rispetto a un progetto, per come lo percepiamo, rappresenta in realtà una occasione per rinascere per riprendere l'iniziativa o per alzare la vela e lasciare che il soffio dello spirito la gonfi e ci porti dove vuole ...
Il nostro gioire, il nostro essere pieni di Spirito Santo non è conseguenza di un risultato raggiunto (come suggerisce la logica del mondo), ma del lasciarci avvicinare dal Padre - anche lì nella fatica del quotidiano - nel fallimento quotidiano, con la certezza che come Gesù, dopo aver pregato il Padre (ogni mattino all'alba), riparte per annunciare il regno dei cieli.

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