martedì 1 dicembre 2020

La nostra speranza non deve essere legalizzata

Isaia 11,1-10 e Luca 10,21-24

Tempo di marginalità, tempo di persecuzione, tempo di irrilevanza?
Per molti cristiani questa è la sensazione circa la condizione della Chiesa in Europa. Ma perché non vedere con occhi liberi da schemi e precomprensioni storiche e culturali, ciò che stiamo vivendo?
C'è chi si scandalizza, chi vorrebbe scagliarsi contro un ingiusta sottrazione di ruolo e di referenzialità. Ma perché scandalizzarsi di quanto sta accadendo? Perché sentire tanta difficoltà di fronte a una laicità che vive ed esprime solo la propria natura secolare e di distanza da qualsiasi riferimento sacrale?
Personalmente non ci vedo nulla di strano rispetto alle norme che vengo ora imposte, e quando queste collidono anche col senso religioso e le tradizioni cristiane, esse esprimono solo la profanità del mondo. Molte volte abbiamo cantato: "Lascia che il mondo vada per la sua strada ... Ma tu vieni e seguimi ..."
Ed ecco che il germoglio di Iesse, ancora oggi spunta, ed è per noi segno dove riconosciamo, in questo mondo la "giustizia e la pace di Dio"; è segno della salvezza quando la accogliamo come una grazia inaspettata, come un amore inatteso.
In questo nostro tempo in cui tutto sembra essere nascosto, tutto sembra contraddire il ruolo che nel tempo avevamo conquistato, le parole del Vangelo ci portano a ripensare la nostra rilevanza non come un punto di forza, ma come la "resilienza" cristiana (capacità di vivere questo tempo, resistendo all'urto e mantenendo la posizione), rispetto alla dilagante l'indifferenza religiosa: sempre queste Parole sono fonte di "resilienza": Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Dio porta a compimento la storia della creazione e questo è nella sua "benevolenza".


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