sabato 19 dicembre 2020

La nostra vita, Dio la rende feconda

Giudici 13,2-7.24-25 e Luca 1,5-25


Non avere figli rappresentava un grave disagio per l'uomo; il dramma della sterilità era una ferita dell'essere donna ... È questa realtà di partenza - non solo culturale - nella quale si inserisce la manifestazione e realizzazione del disegno di salvezza. È da una ferita - la sterilità di una coppia - che Yhwh, pone nella vicenda umana un segno della sua vicinanza e della salvezza: Sansone. La storia di Sansone è un segno di liberazione, di riscatto e di salvezza per l'intero popolo di Israele. È un segno che non rimane intercluso nel tempo e in una vicenda, ma anticipa e accompagna il cammino della storia come evento di salvezza per l'intero genere umano. È il segno del figlio, il dono della vita che nasce lì dove regnava solo la sterilità della morte. Essere sterili, è come essere in un cammino di morte, custodi di una vita incapace di esprimere l'eternità; incapace di perpetuare l'esistenza e di essere generativa del dono della vita stessa.
Fin dall'inizio della rivelazione di Yhwh, comprendiamo e riconosciamo che la salvezza supera ogni argomentazione morale, esprimendosi come redenzione della sterilità della morte nel dono di Dio che è la vita stessa. Il compimento, la pienezza di questo segno è l'incarnazione del verbo di Dio: la vita stessa di Dio, il suo amore per noi, che diviene il suo figlio che nasce nella nostra umanità dalla carne di una donna.
Essere fecondi non è quindi solo una possibilità biologica, ma la fecondità diviene una condizione dell'essere dell'uomo capace di generare il bene, di costruire felicità e di custodire l'amore. Per questo dono, la nostra vita non può che trasformarsi in gratitudine  a Dio e a chi da senso e pienezza alla nostra esistenza. Quanti grazie occorre che dica per tutto il bene che ricevo?

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