venerdì 4 dicembre 2020

Vedranno l'opera delle mie mani tra loro ...

Isaia 29,17-24 e Matteo 9,27-31


La profezia di Isaia, oggi, chi dice di compiere un esercizio che vinca la nostra cecità. La cecità dovuta al nostro egoismo, alla nostra arroganza, alla nostra insensibilità ... una cecità che ci priva della luce di Dio, fidando esclusivamente della luce umana. La luce dell'uomo in realtà è tenebra: "Perché il tiranno non sarà più, sparirà l’arrogante, saranno eliminati quanti tramano iniquità, quanti con la parola rendono colpevoli gli altri, quanti alla porta tendono tranelli al giudice e rovinano il giusto per un nulla."
Anche la nostra realtà si allieta di una luce troppo umana ... troppo ... è come ai tempi di Isaia - forse come in ogni tempo - in cui l'uomo costruisce esclusivamente su sé stesso escludendo il proprio creatore. Ma è proprio in questa realtà concreta che Isaia, pone l'agire di Dio, di Yhwh, colui che ha riscattato Abramo. Che cosa Dio opera oggi in questa creazione? È nella quotidianità fatta di uomini e donne che sperano, e con fede invocano pietà dal Figlio di Davide, che possiamo capire il senso del vedere oltre la cecità: "liberati dall’oscurità e dalle tenebre, gli occhi dei ciechi vedranno. Gli umili si rallegreranno di nuovo nel Signore, i più poveri gioiranno nel Santo d’Israele". C'è un vedere che è frutto dell'umiltà del vivere fraterno; c'è un vedere che sgorga dalla fiducia riposta nei fratelli; c'è un vedere che dipende dalla amorevole accoglienza che riservo ad ogni "altro" da me stesso. Questo è il vedere della fede, ed è il vedere he vince ogni cecità umana, lasciando spazio in noi al vedere le opere di Dio, quelle opere che i suoi figli sono capaci di riconoscere; ed è grande ed incontenibile gioia!

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