venerdì 25 dicembre 2020

Natale in Lockdown

Is 9,1-6; Sal 95:0; Tt 2,11-14; Lc 2,1-14


La pandemia, e la paura che ne deriva, segnano direttamente e indirettamente questo Santo Natale, come anche la vita civile e religiosa di questo nostro tempo, nel quale ci sentiamo un poco imprigionati. Questo anno 2020 è stato un anno caratterizzato proprio dalla paura: salute, economia, e anche la politica… tutto sembra sia stato ribaltato da questo piccolo ma potente virus, che ha azzerato in poco tempo i nostri progetti e che ci ha lasciato disorientati, privati anche, sotto certi aspetti della libertà.
Di fronte a questa faticosa attualità, anche per noi risuonano le parole di Betlemme: "Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore".
In questa notte Santa (santo giorno) noi cristiani dobbiamo annunciare con le parole e soprattutto con la vita di non avere nessun timore ... Proprio quando, il mondo sembra voler mettere a margine "il bambinello di Betlemme", trasformando sempre più il suo Natale in un evento culturale e profano, relegando il segno religioso a un evento decorativo, noi non dobbiamo avere paura di annunciare che il bambino atteso  è nato, che il Signore viene! E viene non nella comodità di una casa accogliente, e neppure nella solennità di una adunanza festosa, ma a Betlemme. Gesù nasce, nasce "fuori casa" perché l’imperatore Augusto, all’epoca l’uomo più potente del mondo, aveva indetto un censimento, per contare tutti i suoi sudditi. La logica del mondo è una logica della misura, del calcolo, ma anche dello scarto. Il bambino di Betlemme ci parla di altre logiche: quella del nascondiento, del piccolo, del disperso. Ma è proprio questa la logica che spinge il Signore della Storia a muoversi, a operare meraviglie, a compiere il miracolo della salvezza.
Giuseppe e Maria, sono segregati fuori dalla città di Betlemme, perché per loro non c'era un posto adeguato né nell'albergo; né nella locanda e neppure nel caravan serraglio. Non sono posti adatti per partorire, direbbe qualcuno ... Non sono luoghi adatti per nascere ... direbbero altri!
Ma dove nascere allora? Dove il figlio di Dio può nascere?
Questo bambino deve nascere, deve sbocciare e sgorgare dal limite della nostra umanità. Forse deve proprio nascere nelle ristrettezze, nella lontananza, nella segregazione e nello scarto ... Deve nascere, e venire alla luce, a partire dalle nostre ferite umane, da quelle ferite che sono causa del peccato e della morte e da quelle ferite che sono causa di noi stessi, del male che ci facciamo, dell'odio che generiamo, dell'indifferenza che ci doniamo ...
In quella notte, fuori dalla città di Betlemme, Giuseppe e Maria trovano posto solo nelle ferite umane, in una grotta che è il segno della nostra fragilità e dei nostri limiti.
È in questa realtà che Gesù nasce, e continua a nascere nella contraddizione di una storia umana intessuta tra scelte e e rifiuti; tra l'evolversi di eventi e l'avvicendarsi delle generazioni. Ma da quella notte, e per sempre, la nascita di Gesù lascia una scia di silenzio. Non di vuoto, non di buio, ma di un caldo silenzio che invita a raggiungere la grotta fuori Betlemme. Un silenzio stupito, cioè pieno di contentezza, e di gioiosa esultanza per la salvezza: "... Oggi è nato per voi un salvatore, che è il Cristo Signore!"
Anche se ci sentiamo distratti e distaccati dalla realtà, anche se tutto ci sconvolge e travolge e ciò che ieri era certo oggi non lo è più ... mettiamoci in cammino verso Betlemme, come i pastori in quella notte. Come i pastori di  Betlemme, oggi, devo recuperare il gesto di adorazione, che significa un segno esplicito che dice il mio amore al Signore, un gesto che superi e vinca i miei egoismi, le mie durezze, le mie tante ferite e fatiche; un gesto che sia capace di esprimere il meglio di me stesso, che sia capace di testimoniare il bene che solo io posso donare.
Non è il Lockdown che mi allontana dal Natale, e che spegne in me la presenza del Signore, ma è la mia freddezza di fronte a quel bambino che è nato, è la mia indifferenza per quel Dio che ha squarciato i cieli, e mai smette di essere il Dio con noi.
Se decidiamo di fare Natale anche quest’anno, è perché crediamo che Lui sia nato e sia presente. Allora tocca a noi diventare il segno della grande gioia che da questo fatto deriva, la gioia dell’Emmanuele - Dio con noi - e diventarne testimoni "a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra" (Mons. Pizzaballa).
Quel bambino ci testimonia la paternità di Dio, la fedeltà e vicinanza del Padre, rispetto a ogni uomo e ci ricorda la necessaria accoglienza di ogni fratello, per corrispondere al cuore di Gesù, per corrispondere al suo desiderio di farci tutti fratelli suoi, e tra di noi.
Buon Santo Natale!

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