venerdì 11 dicembre 2020

E questa generazione ...

Isaia 48,17-19 e Matteo 11,16-19


La "gente" in generale è proprio strana, ma anche il popolo cristiano non si risparmia in stranezze. Se Gesù, infatti, riscontra la mancata conversione della maggior parte di coloro che seguivamo Giovanni, e avevano in sé stessi l'attesa messianica; oggi, cosa potrebbe dire di un popolo cristiano che sembra vivere solo l'Avvento solo come attesa in una liturgia festiva. Dove sta la conversione del cuore? Nulla ci smuove dalle nostre certezze e criticità; né l'annuncio gioioso del suono, che coinvolge nel canto corale, e neppure la fatica della prova e di un lamento, che unisce nella compassione. Non la felicità, neppure la tristezza ci smuovono. Di fronte a Giovanni che è un esempio di virtù, chi lo seguiva riuscì a vedere in lui il male, "a un demonio"; di fronte a Gesù che cercava di accogliere con amorevolezza ciascuno, ecco che prevale il tono moralista e pregiudiziale: "è un mangione è un beone". La nostra abitudinarietà con la Parola e con il sacro, ci rende incapaci di quello slancio che dovrebbe caratterizzare la nostra attesa: un tempo nel quale camminare nell'attesa, non attendendo sulla base delle nostre convinzioni. Camminare nell'attesa rimuovendo gli schemi consolidati, lasciandoci mettere in discussione, magari proprio da quelle parole così scomode di un Papa che a momenti osanniamo e immediatamente etichettiamo come "comunista". Occorre che il nostro avvento si trasformi in un cammino, che non significa esclusivamente il raggiungimento della meta, ma un camminare fatto occasioni di cambiamento di conversione, portando così a compimento la nostra trasformazione. Ecco allora che la conversione non sarà la conclusione del cammino, ma il cammino stesso.

Nessun commento:

Posta un commento