domenica 25 luglio 2021

Dalle sue mani: Pane e Chiesa

 

2Re 4,42-44; Sal 144; Ef 4,1-6; Gv 6,1-15

Il brano della moltiplicazione del pane e dei pesci sul lago di Tiberiade, raccontato nel sesto capitolo di Giovanni, ci accompagnerà per diverse domeniche.
Lo sguardo che vorrei assumere questa volta non è quello solito per recuperare il senso eucaristico del pane della vita.
Ma quello di portarci a comprendere come proprio a partire da quel pane nasce e vive la Chiesa, che noi possiamo essere.
Se infatti oggi possiamo denunciare una carenza è proprio in ragione di questa disaffezione al pane.
Troppi pochi cristiani mangiano quel Pane ...
Oggi è un Pane dei vecchi; il pane della prima comunione; il pane delle solennità ...
Ma scusate cosa c'entra questo ridurre il pane a degli eventi con la chiesa di Cristo.
Se mangiare il pane è un privilegio di quando sono confessato, ed è solo una questione di purità legale ... Cosa c'entra l'eucaristia con la mia appartenenza alla Chiesa?
Chi fa la Chiesa oggi?
Oggi sembra che la Chiesa dipenda proprio nel suo esserci e non esserci, dal numero ...
È il numero fatto da noi; dal quanti siamo, letto in vario modo: sociologico, spirituale, morale e culturale. Il criterio dell'esserci o meno della Chiesa è saldamente una nostra prerogativa. (… una nostra prerogativa)
Ecco, già da questo comprendiamo che abbiamo palesemente fallito.
Quel giorno, invece, sul lago a Tabga è accaduto qualcosa di straordinario, e non è solo il miracolo del pane moltiplicato e condiviso; ma in forza di quello, e insieme a quello, è "accaduta a Chiesa". Gesù ha parlato e agito per generare a Chiesa con quella gente.
E ogni volta che c'è quel pane di mezzo, e lascio fare a Gesù, ecco sbocciare la Chiesa.
Ma se io mi impossesso del pane e metto ai margini della quotidianità Gesù, ecco che non nasce la Chiesa, ma una brutta caricatura della Chiesa.
Io al massimo sono capace di generare una congrega, o una Istituzione di carattere religioso che produce servizi, quella che io chiamo, scherzosamente, la bottega del parroco.
Quel giorno a Tabga sul Lago, Gesù alza lo sguardo e vede la gente. Una folla che non è stata chiamata, convocata per l'occasione, si è autoinvitata; vuole essere dove è Gesù, lo cerca, lo vuole ascoltare ne è attratta. È nata una relazione spontanea e personale ...
E Gesù se ne è accorto. Ma come fare sì che questa relazione non si esaurisca, non si consumi inutilmente e non si disperda in un nulla?
Ecco che Gesù pensa di custodire quella vicinanza, di prendersene cura. Lui stesso prende in mano la situazione e la gestisce direttamente. E anche coinvolgendo Filippo, mette in evidenza che né la gente, né i discepoli sono capaci di fare voi che solo lui è capace di fare e suscitare.
Gesù non ci scarta, prende il nostro poco pane (cinque ogni d'orzo e due pesci) e da quel poco fa nascere la Chiesa, perché tutti mangiano del poco, e tutti si saziano. Quel pane e pesce tutti rende uniti e fratelli.
È una appartenenza bellissima, nessuno è escluso, e nessuno ne deve restare fuori. Non è una istituzione religiosa, una affiliazione morale.
E’ desiderio, è voglia e gioia di fare parte di un mistero che Gesù dona dalle sue mani.
La Chiesa non passa dalle formalità istituzionali, essa è il frutto di una intima relazione con il Signore. Siamo Chiesa, se ne facciamo parte a partire da quella intima comunione con Gesù. Diversamente la Chiesa sarà sempre un problema, o morale, o legale, o religioso spirituale ... Fino anche un problema liturgico. Ma essere Chiesa è in realtà esserci come amici e fratelli fra di noi, insieme a Gesù per mangiare il suo pane, un pane che ci nutre nell'essere Chiesa.

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