domenica 11 luglio 2021

Missionari, non comunisti, non sovranisti.

Am 7,12-15; Sal 84; Ef 1,3-14; Mc 6,7-13


Per molto tempo abbiamo idealizzato, in un mondo ritenuto cristiano, l'invio a due a due dei discepoli, come una immagine dell'annunciare il Vangelo al fine di incrementare la Chiesa, come estensione territoriale, come appartenenza, come una sorta di impero di Cristo.
Ma quando la Chiesa nel concilio Vaticano II è entrata nella secolarizzazione del mondo, da quando la Chiesa ha accettato il confronto con la globalizzazione e ora con un modo digitale, dove tutto è di fronte a tutti, e dove le differenze tra ricchi e poveri, tra nord e sud del mondo, diventano evidenti, e spesso giustificate dalle logiche della finanza, si ripropone con urgenza e forza il senso, per chi crede, dell'essere mandati.
Nel Vangelo ci sono tre snodi che rappresentano altrettanti punti fermi:
Gesù chiamo i dodici a sé per mandarli ...
Una evidenza esplicita: essere discepoli di Gesù implica essere mandati. Siamo dei mandati a questo nostro mondo. Superato il colonialismo e l'idea dell'impero cristiano, superato in confronto/scontro con la modernità, Gesù ci manda in questo mondo, che è il nostro; ci manda "due a due", a partire dal nostro essere insieme, dal nostro essere comunità. Significa che nessuno può pensarsi in una posizione di stasi, di passività, di rinuncia all'azione. Se ci pensiamo statici, non siamo più cristiani, siamo qualcosa di altro (una congrega), ma non discepoli mandati da Gesù.
Inviati in questo mondo per confrontarci con il mondo, per dialogare con il mondo, non per imporci sul mondo. È molto diverso il modo in cui Gesù oggi ci chiede di andare a liberare il mondo dal male, rispetto a quanto pensavano i nostri genitori, i nostri nonni. Oggi siamo invitati a stare in un mondo che non ci riconosce, che non ci stima, che spesso ci giudica; ma rispetto al quale noi non possiamo rinunciare a starci dentro. Anche se il mondo andasse per una strada avversa, noi siamo inviati a stare insieme a questo mondo. Dobbiamo entrare nella logica che il Vangelo entra in dialogo con il mondo non perché il mondo è cristiano, ma proprio perché non lo è. E in questo dialogo suggerisce alla mentalità umana nuove vie da percorrere nella umanizzazione, cioè nel rendere l'uomo consapevole della sua umanità, per giungere, se Dio vorrà a riconoscersi figlio.
Non prendere nulla con sé ...
Inviati senza nessuna certezza, nessuna forza legata al potere. Che bella Chiesa che non conti più nulla, che non sei più una forza politica, che non hai più amici a cui affidare i tuoi interessi, e quando ricerchi vecchi schemi Ruiniani, tutto ti crolla addosso e ne vieni svergognata.
L'unica tua forza è la verità del Vangelo che annunci. Prendi con te solo la Parola capace di dare speranza, di suscitare la vita nuova, capace di guarire le ferite e di consolare i cuori affaticati e oppressi. Una parola capace di ricordare ai fratelli che diamo parte della sofferenza dell'altro.
Ed essi partirono e proclamavano che la gente di convertisse ...
E a questo punto si manifesta il modo di realizzare questa missione che Gesù ci affida, in cui Gesù ci immerge e ci precede.
Oggi possiamo dire: "Signore, abbiamo vissuto le tue parole fono in fondo, alla lettera (sine glossa), e abbiamo portato a termine la missione affidata ... Abbiamo proclamato alla gente che si convertisse ... Abbiamo abitato le loro case, liberto dagli spiriti impuri, vissuto la sobrietà ..."
Ma forse  ... non è proprio così ... Ci stiamo forse auto-convincendo che tutto va bene così?
Non stiamo proclamando di convertirsi al Vangelo, perché noi siamo i primi non convertiti ... che della vita cristiana ne facciamo ciò che vogliamo.
Non viviamo la povertà e la sobrietà, nonostante la crisi economica, e la pandemia,  ora in verità abbiamo elaborato uno scopo: usare delle nostre ricchezze per noi stessi, per garantirci la vita, la nostra, incuranti spesso dei drammi umanitari che si susseguono attorno a noi. Ci assicuriamo un benessere minimo e garantito... Altro che due tuniche ... ne abbiamo tre, quattro ... un guardaroba intero ...
Non viviamo il senso dell'ospitalità, prima di tutto perché non siamo più disposti ad ospitare nessuno in casa nostra ... Più di 670 vittime in questo anno nel nostro mare mediterraneo, dice l'indifferenza di tanti e il nostro tacere rispetto alle immigrazioni dei popoli. Facciamo i pigiama party, ospitiamo i figli degli amici, ma poi per noi l'ospite, l'uomo che deve essere ospitato, è come il pesce: "dopo tre giorni puzza ... "
Questo modo di percepirsi discepoli non ha nulla a che fare con l'essere attirati al Signore per essere mandati. Questa non è la Chiesa di Gesù e neppure il suo popolo ... Per esserlo occorre convertirsi al sogno di Dio: di un mondo da guarire nei suoi egoismi, pieno vita e senza demoni; fatto di relazioni diventate armoniose e felici, un mondo di porte aperte e brecce nelle mura.
Ma quando il popolo cristiano perde la sua identità missionaria, cioè rinuncia ad essere inviato, così come papà Francesco ci sollecita di continuo, diventa un non popolo senza fede, senza speranza di risurrezione e senza desiderio della vita eterna ...
Di fronte a questo Vangelo, conviene ammettere la nostra latitanza circa la chiamata esplicita di andare in missione a "due a due". La missione è fatica, ma è condivisione e amicizia fraterna ... con il Signore e con tutti.





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