mercoledì 14 luglio 2021

Effetti della manifestazione concreta.

Esodo 3,1-6.9-12 e Matteo 11,25-27


Tutti conosciamo il brano di Esodo del roveto che arde e non si consuma, ma questa conoscenza in realtà non ci favorisce nel meditare questa parola. Occorre infatti fare un passo indietro e ricordaci quel Mosè, fuggiasco, migrante che per varie vicende ritorna a vivere la condizione dei padri (Abramo, Isacco e Giacobbe): erano nomadi, allevatori di greggi ..., abitanti delle stelle e dei deserti; ma proprio in quella loro conduzione di vita, entrarono in contatto con Dio. A loro Dio si manifesta per essere il loro Dio per sempre, e consegnare a loro e alla loro discendenza una promessa che caratterizzerà tutta la storia della salvezza nel suo compiersi. È in questo cambiamento di vita che Mosè è costretto a fare, che si inserisce questa reciprocità di sguardi, curiosità e ascolto tra Lui  e Dio. Mosè vede, incuriosito si avvicina e si sente smarrito incapace di reagire adeguatamente. Dio vede, anzi,sembra quasi che Dio abbia spiato tutto il suo agire, e ora nella pienezza di questo guardarsi reciproco, Dio parla, parla come fece ai padri.
Si apre per Mosè l'esperienza dell'ascolto delle parole dell'onnipotente. L'incontro con Dio non ha nulla di virtuale, tutto si immerge nella concretezza del vedere e dell'ascoltare. Questa manifestazione produce anche una immediata concretezza: una chiamata, una vocazione, una missione ... Ma non come esaltazione di una figura idealizzata del futuro liberatore, ma come immersine di Dio nella vita di un uomo ormai marginale. Una dinamica è una possibilità che può ripetersi anche oggi in tante situazioni che a prima vista sembrano senza via di uscita.

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