martedì 28 luglio 2020

Geremia 14,17-22 e Matteo 13,36-43
Il seme buono

Nell'intimità del gruppo, rientrati in casa, le parabole risuonano ancora nelle loro immagini e i discepoli chiedono di entrare nel loro mistero. Non si tratta di una semplice spiegazione allegorica ma di trasformare l'immagine in una esperienza di vita vissuta.
Il seme buono sono i figli del regno ... In queste parole tutti i discepoli vengono coinvolti nel comprendersi parte della parabola. Se loro sono i figli del regno, il figlio dell'uomo li sta puntando in quel campo che è il mondo, affinché mettano radici e producano il loro tutto: "Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro".
Non è un richiamo alla moralità, o una prospettiva escatologica, o meglio anche se vi fossero questi riferimenti, non sono questi essenziali e non rappresentano il cuore dell'insegnamento in parabole. La parabola è esercizio di apertura e di ascolto, ascolto della parola in parabole, ascolto del mistero del Padre e della sua volontà di salvezza e misericordia.
Per rendere quindi la parabola del seminatore efficace nella realtà, ciascun discepolo deve assumere il ruolo del buon seme del regno dei cieli. Identità che si genera nell'ascolto del maestro: si è seme buono se si è anche parola di Gesù: "Chi ha orecchi, ascolti!"

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