mercoledì 15 luglio 2020

Isaia 10,5-7.13-16 e Matteo 11,25-27
Ma a noi Gesù si è rivelato!

A volte si ha l'impressione che Gesù si sia rivelato ad altri, ai piccoli, agli umili, a qualcuno che è altro rispetto a noi, rispetto alla nostra inadeguatezza.
Cerchiamo di andare più a fondo in questi versetti di Matteo. Il tenore di questo passaggio è molto diverso da ciò che precede e da ciò che segue, per cui, dobbiamo intenderlo come contenuto a sé stante, anche se nel momento in cui entra nella redazione del testo interagisce con il testo stesso.
Il tono del versetto 27 è tipicamente giovanneo, e rivendica l'autocoscienza di Gesù circa il suo essere figlio di Dio. Ma non solo, questi versetti sembrano proprio esprimere nel contesto del Vangelo di Matteo, una rivelazione particolare della persona di Gesù. L'intenzione sembra quella di non raccontarci solo segni, miracoli e parole, ma una testimonianza inedita di Gesù stesso. Da una parte è un testo che dice l'intimità della preghiera di Gesù, come dall'altro viene espressa la sua autocoscienza.
In un momento di crisi, dopo l'inizio incoraggiante della predicazione, Gesù fa sgorgare dal suo cuore un inno di lode gioiosa e convinta a Dio: "Riconosco te, o Padre, Signore del cielo e della terra ...". Gesù si rivolge a Dio con una confidenza unica: lo chiama “Padre”, in aramaico “Abba”, perché in questo nome sono racchiusi per Gesù la tenerezza, l’amore e la misericordia. Dio è Creatore e Signore del cielo e della terra, è l’Altissimo, ma il credente lo riconosce in una relazione di intimità paterna, carica di sentimenti d’amore.
Credo sia questo il cuore della rivelazione che Gesù fa di Yhwh, del Padre suo. Non ci si limita a trasmettere una rivelazione antica, o una dottrina fatta di leggi e di precetti, ma Gesù condivide l'intimità del suo rapporto con il Padre, e lo fa con i discepoli, perché pure loro scoprano il Padre. Questa intimità diviene per l'evangelista Matteo la chiave di lettura del "mistero del regno dei cieli" raccontato in parabole. Come pure, diviene anche il punto di partenza del riconoscimento della coscienza e volontà divina di Gesù. I piccoli, i poveri, quali interlocutori del mistero, sono tutti i discepoli, sono i figli, che si accostano a questa intima esperienza del maestro e desiderano farla propria e comprendono che occorre entrarvi per poterla discernere e viverla.

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