domenica 5 luglio 2020

Zaccaria 9,9-10; Salmo 144; Romani 9,9.11-13; Matteo 11,25-30
Un giogo di mitezza e umiltà ...

Il Vangelo di oggi ci mette di fronte a una immagine inedita di Gesù. Il Signore ci mostra i suoi sentimenti, me sue fatiche la sua delusione, come anche la sua fiducia nel Padre.
Ma che cosa è successo?
Se leggessimo qualche versetto prima, ci accorgeremo che Gesù è alquanto irritato, forse arrabbiato, per il disinteresse, la lontananza e il rigetto di alcune città del Lago, nelle quali era andato ad annunciare il Vangelo. Dopo tanti successi, infatti, arrivano i primi rifiuti, le prime prese di distanza. È questa crisi, me mette Gesù di fronte alla necessità di andare a fondo rispetto alla propria missione, alla propria vocazione al proprio rapporto con il Padre.
Quale è l'atteggiamento di Gesù? Come reagisce alla crisi? In che modo il maestro propone e vive la crisi come una occasione di soluzione?
Ecco che di fronte al No inatteso e ingiustificato della gente, Lui pone ancora il suo Si fedele a Padre. Noi spesso di fronte alla crisi, di fronte ai No della vita e delle persone, ci trinceriamo in una sorta di autodifesa, ci rifugiamo in "avventino"; nella peggiore delle situazioni abbandoniamo il tutto e ci defiliamo.
Gesù invece esordisce in un "Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli ..."
Non è solo una espressione di preghiera, ma è un vero e proprio riconoscimento di come Gesù sente l'agire del Padre nella storia.
Ci sono uomini e donne che non riescono a vedere Dio neppure nei miracoli, ci sono uomini e donne, invece, che nella semplicità del loro cuore, della loro vita, gioiscono della presenza di Dio.
È questo lo straordinario del cristiano, che si alimenta dallo sguardo fiducioso che Gesù ha della realtà. Gesù ancora una volta si sente gratificato da come il Padre si rivela e si manifesta nella vita di chi è povero è semplice.
A chi è povero è semplice, Gesù condivide una sorta di felicità o benedizione, cioè la predilezione del Padre. Egli stesso sperimenta come la mitezza e l'umiltà sono vie preferenziali per il manifestarsi della presenza di Dio. A chi vive lo scandalo della fatica del vivere, a chi è scartato dalla società a chi non ha prospettive per il futuro ...
Gesù dice, che in quelle fatiche, nell'essere scartati, in quella mancanza di futuro ... Dio è Padre, ed è presente, e si carica insieme a noi di quel giogo pesante per dirci come la mitezza e l'umiltà sono il modo e lo strumento per vivere la prova; ci dice come la mitezza è rinuncia a ogni pretesa violenta o ad ogni orgoglioso senso di giustizia; ci dice cine l'umiltà è mettere sempre l'altro davanti a sé come fine e come compimento. 
Solo i piccoli e i poveri riconoscono in questo stile di vita "il ristoro promesso", cioè il legame (giogo) con Cristo che ci renderà felici.

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