martedì 7 luglio 2020

Osea 8,4-7.11-13 e Matteo 9,32-38
Vedendo le folle ...

Quel girare da una città all'altra, da un villaggio ad un altro, diviene per Gesù la condizione indispensabile è necessaria per condividere la vita di quella gente vera e concreta. Gesù non è un maestro di nuove dottrine, neppure un trascinatore di popolo, egli si percepisce nella immagine del pastore. Il suo guardare è attento e premuroso. Egli coglie immediatamente le loro malattie e infermità, egli fa proprie le loro fatiche.
Forse troppo abituati a pensare a un Gesù "crocerossina", non percepiamo il senso della sua compassione per l'uomo: "perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore"; il suo essere pastore.
Anche il nostro guardare come discepoli, il nostro stare nella realtà, deve essere animato dalla stessa compassione per la fragilità umana che Gesù ha vissuto. La compassione non fa parte della mistica della sofferenza o di una sorta di deviazionismo ottocentesco; nelle parole di Gesù la compassione è comunione con i fratelli che si fa consapevolezza e preghiera. La compassione permette il coinvolgimento libero e responsabile. La compassione è un moto sensibile che permette alla mia vita di essere unita sensibilmente alla vita di un amico, o anche solo dell'altro. Gesù percepisce in se stesso la forza di questa comunione.

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